Prada riporta Versace in Italia

0
53

E alla fine, Versace torna a casa. Prada si prende il 100% del marchio per 1,25 miliardi di euro e firma un’operazione che ha il sapore di riscatto, ma anche quello, amaro, del bilancio. Un terzo dei grandi marchi italiani è ancora italiano. Gli altri, in mano a Parigi, Londra, Doha, Pechino.

Patrizio Bertelli esulta: “Creatività, patrimonio culturale, nuova era del lusso”. E certo, l’operazione è di peso. Ma basta allargare lo sguardo per vedere un’Italia della moda sempre più colonizzata. E la geografia è chiara: i francesi comandano. LVMH ha già da tempo fatto la spesa con Fendi, Bulgari, Loro Piana, Acqua di Parma, Pucci. Kering non è da meno: Gucci, Bottega Veneta, Brioni, Pomellato.

In mezzo, ci sono gli americani, i fondi inglesi, la finanza asiatica. E poi i soldi del Qatar e di Dubai, che controllano giganti come Valentino e Cavalli.

Versace era andata via nel 2018, comprata dagli americani di Capri Holdings. Ora rientra. Ma non cambia la fotografia: il made in Italy resta, spesso, solo sull’etichetta.

A tenere botta ci sono Armani (l’ultimo dei mohicani, ancora proprietario e sovrano del suo impero), Prada (che oltre a Miu Miu e Church’s, ora allarga il campo), Dolce & Gabbana, Ferragamo, Moschino, Brunello Cucinelli, Missoni, Tod’s. Ma la maggioranza, anche qui, è appesa a quote, partecipazioni, fondi, equilibri fragili.

Nel frattempo, qualcuno è sparito sotto la gestione estera: La Perla affonda, Trussardi cambia padrone ogni due anni. E intanto il lusso italiano resta il più ambito. Perché ha storia, stile, stoffa. Ma quasi mai più le chiavi di casa.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui